Letture 2014 | |
Martin Heidegger_Sentieri erranti |
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“Molti sono i sentieri ancora ignoti. Ma a ogni pensante è assegnata sempre e soltanto una via, la sua: nelle cui tracce egli deve sempre costantemente vagare, per attenersi infine a essa come alla propria via, la quale però mai gli appartiene.”
All’uomo
futuro è assegnato il compito di meditare sull’essenza
della metafisica occidentale e sulla sua storia. Gli Holzwege
sono tentativi di tale meditazione. Visti dall’esterno, si
presentano come una raccolta di discorsi su temi che non hanno alcuna
relazione tra loro. Se li si pensa invece intrinsecamente nel loro
insieme, il tutto si rivela come una sinfonia orchestrata in modo
rigoroso. Nessuno dei sentieri può essere battuto se non
vengono percorsi anche gli altri. Nella loro unità, essi
mostrano un tratto del sentiero speculativo su cui l’autore si
è nel frattempo incamminato dopo Essere e tempo. —
Così recita, in parafrasi, un brano che Martin Heidegger
scrive nel 1949, nell’imminenza della pubblicazione di
Holzwege, e che si conclude con due versi: “i sentieri vanno
errando. I Ma non si smarriscono.” Una singolare prosopopea.
Che però va presa alla lettera. Sono infatti i sentieri stessi
a vagare, ad appellarsi e dischiudersi — insieme, per gradi,
improvvisi — al viandante; mai che quest’ultimo possa
imboccarli di proposito. Né sono sentieri metaforici, se in
una lettera all’amica Elisabeth Blochniann, datata 19 dicembre
1950, Heidegger confessa: “Qualcosa
del mio cammino durante gli ultimi quindici anni è mostrato
dagli Holzwege... Credo che nel libro si nasconda molto della Foresta
Nera e dei suoi sentieri.” Sono
sentieri silvani. Due a tema: celeberrimo quello relativo all’origine
dell’opera d’arte, con la sua memorabile analisi del
quadro delle “scarpe contadine” di Van Gogh; seguIto dal
saggio sulla scienza, indagata quale fenomeno essenziale dell’Età
moderna. E quattro di impostazione esegetica, dunque ripercorrenti in
parte vie già frequentate: Anassimandro
e la Fruizione, Hegel e la parusìa dell’Assoluto,
Nietzsche e “Dio è morto”, Hilke e l’Angelo.
Sentieri erranti nella selva dell’ Ereignis, che dal 1936 è
divenuto l’emblema della “svolta” del pensiero di
Heidegger, la sua parola-guida.
La
traduzione è stata condotta sul volume: Martin
Heidegger, Holzwege. 7., durchgesehene Auflage 1994, Vittorio
Klostermann, Frankfurt am Main, perfettamente uguale al vol. 5 della
Heideggers Gesumtausgube sia nel testo e nell’impaginazione,
sia nelle note autografe di Heidegger recate a piè di pagina.
Vincenzo
Cicero ha tradotto il testo tedesco obbedendo a una strategia
coerente e originale, restando al tempo stesso fedele ai dettami
terminologici e stilistici di Heidegger, e tenendo in debito conto la
cinquantennale prassi traduttiva delle opere heideggeriane in
Italia.Ha approntato anche un quadruplice glossario ragionato, unico
nel suo genere. |